a cura di: Veronica Remordina
20/03/2018
Chiunque nei propri ricordi dell’infanzia ha almeno un’esperienza
con i flipper, i videogiochi e il biliardino delle sale giochi! Quelle sale
giochi dove i bambini entravano con le cinquemila lire di mancia dei nonni e
probabilmente uscivano fuori tirati per l’orecchio.
C’erano i videogiochi di racing, gli sparatutto con le
pistole, i videogiochi di abilità e quelli di ballo da eseguire con i piedi,
c’era la coda per le sfide a calcetto e al ping pong.
In ogni sala giochi c’era almeno un ragazzino che
sfidava tutti e vinceva sempre.
Oggi la
maggior parte delle sale giochi per bambini/ragazzini ha seguito la moda dei
giochi a premio, affiancando ai vecchi videogiochi (che non guarda più nessuno),
le attività chiamate “ticket redemption”, ovvero le macchinette che, a fronte
di una giocata, emettono ticket convertibili in premi.
Un bambino/o un ragazzo che entra in una sala giochi,
lo fa per ricevere una ricompensa e lo fa perché fondamentalmente è attirato
dall’adrenalina che questi giochi producono, di certo non lo fa per allenare
abilità personali, né per dare spazio alla sua crescita personale. E a pensarci bene, questo è il modello di
gioco che caratterizza le macchinette e le VLT degli adulti! Quello stesso modello di gioco a premi che può creare
dipendenza negli adulti e che può far passare ore e ore davanti alle
macchinette in maniera compulsiva. Se, a questo punto, stai pensando che
dopotutto anche i videogiochi danno dipendenza, ti do pienamente ragione, nel “ticket
redemption”, però, si nascondono insidie più subdole e pericolose.
Negli ultimi decenni i problemi rilevati a seguito
della dipendenza da macchinetta a premi, nei giovani adolescenti, sono
aumentati in maniera talmente esponenziale, tanto da attirare l’attenzione di
numerosissime ricerche. Le evidenze
hanno rilevato che le macchinette a premi sono a rischio di forte dipendenza
nei bambini e negli adolescenti. Inoltre, i bambini e gli adolescenti che si
intrattengono nelle attività delle “ticket redemption” durante la minore età,
sono più inclini ad accedere alle sale giochi vere e proprie, non appena l’età
glielo consente.
Perché i bambini e i ragazzini devono stare il più
possibile lontani dalle attività di “ticket redemption”?
Perché queste attività, fondamentalmente sono ADDITIVE: ovvero inducono a continuare e
continuare e continuare ancora, perché nel cervello di chi gioca, ciò che
si attiva, è la parte deputata alla ricompensa, sia che si perda sia che si
vinca, e questo induce a provare piacere e soddisfazione anche se la giocata ha
dato esiti nulli o scarsi; sono ACCESSIBILI:
si possono trovare ovunque! Al mare, nei centri commerciali e vicino alle
scuole (fortunatamente a livello regionale in Italia, si stanno approvando
restrizioni e divieti); sono APPETIBILI:
piacciono tantissimo e attraggono l’attenzione grazie a tutti quei suoni e a
quei colori, i premi sono sempre aggiornati ai personaggi dei cartoni e delle
serie più in voga, in alcuni posti i premi più importanti possono essere anche
il tablet o il telefonino!
Cosa fare dunque? Gli psicologi e i sociologi lo dicono chiaramente, è necessario tenere in considerazione la pericolosità potenziale delle attività “ticket redemption”. D’altronde, per i bambini e i ragazzi cosa c’è di più bello di una sana attività all’aria aperta, o di un’attività che possa coinvolgere tutti in famiglia, anche favorendo i talenti e le preferenze del figlio: un gioco di squadra strategico, le costruzioni, l’arte, i giochi di ruolo, la lettura di libri, le attività musicali… perché il gioco, quello sano, arricchisce e nutre la vita dei bambini e dei ragazzi aiutandoli a sviluppare il pensiero strategico, la perseveranza, la creatività, la fantasia. Ed è sicuramente meglio che stare chiusi in una sala, ad infilare soldi all’interno di una macchinetta, nella speranza di arrivare a prendere un peluche, che a comprarlo nel negozio si sarebbe speso meno.
Tags: #Stress #Parenting
Veronica Remordina è Fondatrice di ECS Educational Coaching School, la scuola che con il suo Master in Parent Coaching ha già fornito strumenti pratici e concreti a centinaia di educatori, pedagogisti, psicologi ed esperti familiari.
È creatrice del primo protocollo di Parent Coaching in Italia.
Scrive per la nota rivista Coach Mag - il Magazine del Coaching e della Formazione.
Per il suo lavoro di divulgazione anni fa fu chiamata a parlare alla conferenza internazionale del TedX. E' proprietaria dei marchi registrati e dei siti originali www.parentcoaching.it e www.educationalcoaching.it
Tiene corsi on line e in tutta Italia.
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